lunedì 1 dicembre 2014



Ognuno di noi ha un colore personale e quando la nostra psiche si veste di una particolare cromia trova un completamento inaspettato.
Nel suo “Tempio dell’arte” Mariotti tenta di solleticare lo spettatore, proponendogli un viaggio che va oltre al dipinto stesso.
Con l’uso del monocromo o di due sole cromie, esalta questo gioco fra ciò che si vede e la nostra psicologia, ma c’è di più perché i fili che completano le otto tele del suo lavoro o celano alla vista la stessa superficie dipinta, creandone una nuova sopra, oppure la completano con una fittissima rete di ombre di riporto che si inseguono l’un con l’altra.
Le quattro tele più piccole, titolate “Accessi”, sono quasi soffocate dal cotone intrecciato che lo stesso autore chiama “Tessitura”, ma dal foro privo di fili nasce come una galassia in formazione.
I lavori più grandi invece rappresentano i quattro elementi della natura e cioè l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra, però con una particolarità, perché non avendo nessun titolo scritto, lasciano libero lo spettatore di scegliere il suo elemento e di accostarlo alla sua cromia simbolo.
Il viaggio che Mariotti ci vuole far compiere è così tanto a ritroso nel tempo che la stessa realtà è in formazione.
È una porta ideale che una volta aperta ci fa scrutare dentro noi stessi per scoprire il valore che diamo al semplice concetto di Natura, che per lo stesso autore è l’unico vero  “Tempio”  da venerare e onorare.
L’opera di Mariotti è quindi un ideale confine in bilico fra psicologia e spiritualità, un vero e proprio tempio e quindi anche un “Tempio dell’arte”. 


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