L’essenza creativa di Stefano Mariotti
Esuberante nella voglia di produrre, curioso, disinvolto e sciolto nella libertà di
espressione, a tratti inquieto, appare lo spirito che anima l’inesauribile creatività
di Stefano Mariotti. Complesso da definire, difficile da spiegare a chi non ha visto
in prima persona una sua opera, esso affascina con la comunicativa avvolgente
del suo messaggio estetico.
Una pittura ancora in pieno divenire e sicuramentesuscettibile di ulteriori sviluppi, ma già assolutamente stimolante, che diventa puro tormento creativo, inappagato, se non liberato durante la messa in opera di ogni lavoro.
Mariotti difatti nel suo intendere l’arte si trova conteso tra l'emotività
e l’assoluta irrazionalità del gesto e un sentimento più controllato e perfezionista.
Da questa apparente antitesi, nonché principale motivo di fascino di questi
lavori, nasce la prima opera ufficiale, non a caso intitolata, Grande ordine e caos.
Un grande monocromo nero su tavola in cui campeggia una geometrica griglia di
filati: le originali tessiture di Mariotti, senza dubbio il maggiore elemento di riconoscibilità di questo percorso, che fin dagli esordi risultano la base di questa
ricerca capace di dare forma a una essenza creativa in continuo rinnovamento.
Le tessiture infatti hanno subito interessanti evoluzioni e se inizialmente si fermavano alla funzione espressiva e cromatica, visto che esse stesse, colorate, rappresentavano la componente tonale, nel tempo iniziano a staccarsi sempre di più
dalla superficie del quadro definendo in opere come Lichaena Phleas
un nuovo e puro spazio estetico in cui regolari ragnatele tagliano l’aria della regione extrapittorica per creare eterni giochi di luce e di ombra, di pieni e di vuoti.
Con queste prime esperienze siamo già dinnanzi a un linguaggio totalizzante, capace di coinvolgere e di sollecitare ogni senso umano. Tuttavia nell’ormai conquistata tridimensionalità Stefano Mariotti compie un'ulteriore evoluzione e
pervaso da un impellente bisogno di gestualità invade le superfici, frastagliandole, con una materia che si fa vertiginosa colatura.
Siamo agli inizi del 2010, quando si apre la stagione dei monocromi.
Fase in cui opere come Nel ventre di
mia madre e La nascita diventano l’emblema pittorico di un’analisi che sempre
più si affina verso un approfondimento formale in cui la luce è parte integrante del quadro...(continua) Critica di Barbara Angiolini
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